Perché handicap?
L’origine del termine handicap, deriva dall’espressione inglese “Hand-in-cap”, mano sul cappello. Si narra che a partire dal ‘600, i fantini che durante la gara cavalcavano il cavallo più veloce, avevano l’obbligo di gareggiare con una mano sul cappello, in modo tale da avere uno svantaggio che permettesse a tutti i fantini di avere la medesima probabilità di vincere.
Con il passare del tempo, l’espressione inglese subisce una mutazione di significato e viene traslata in un ambito completamente diverso, attribuendola a coloro che vivono in una condizione di svantaggio, perenne o momentaneo: le persone che hanno un handicap.
Attualmente al termine handicap viene preferito il termine disabilità, per mettere in risalto il diritto alla qualità della vita e alla piena integrazione sociale.
Qual è il ruolo della società rispetto alla disabilità?
In Italia la percezione della disabilità dal punto di vista legislativo è buona: non abbiamo le scuole speciali come in altri stati e si investe tanto sull’inclusione; nonostante ciò la società ha ancora delle resistenze rispetto a questo tema. La disabilità è una caratterizzazione sociale ovvero è la società stessa che la attribuisce. Basti pensare ai fratellini di persone disabili, essi iniziano a considerarli come tali solo nel momento in cui un adulto si occupa di spiegargli la situazione, prima di allora sono “semplicemente” i loro fratelli.
Tutti i disabili sono uguali?
La risposta è NO! La disabilità è ricca e variegata, si sviluppa in direzioni diverse, coinvolge aspetti differenti della persona e spesso si trova anche in associazione ad altre patologie.
Secondo la legge italiana (104/92) un disabile è colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o emarginazione.
Per semplificare diciamo che si può parlare di:
- Disabilità fisica
- Disabilità sensoriale
- Disabilità cognitiva
- Disabilità psichica
Ma la realtà è un po’ più complicata. Parlando di disabili si possono aprire nella nostra mente decine di scenari assai diversi tra di loro, e perché no, qualche volta addirittura in contrasto. È questa infinita varietà che dovrebbe indurre a considerare quanto sia difficile incasellare in categorie rigide e prestabilite persone molto diverse tra di loro senza che una loro peculiarità caratterizzi l’intera persona.
A tal proposito, per evitare una generalizzazione della menomazione a tutti gli aspetti della personalità, bisogna considerare che il disabile non è disabile a 360°, ma molte comuni abilità e competenze rimangono preservate. Anche aspetti come affettività e sessualità, a differenza di quanto normalmente si pensa, non vengono compromessi dalla disabilità, neanche quella intellettiva, perché sono regolate dai centri del sistema nervoso centrale, in particolar modo dal sistema limbico, che non ha niente a che fare con la sfera cognitiva.
Per rendere più chiaro il discorso: una persona sorda ha evidentemente difficoltà più o meno gravi a livello uditivo, che in alcuni casi si estendono anche a livello comunicativo, ma ciò non toglie che, per esempio, possa avere un’eccellente abilità manuale sfruttabile in campo lavorativo (Ilaria futura cuoca); cosi come un uomo costretto a letto a causa di una disabilità fisica non vuol dire che non possa avere abili competenze sociali che gli consentono di avere profonde relazioni anche senza uscire di casa (Pippo uomo dal cuore grande), oppure un giovane ragazzo con difficoltà nella sfera del linguaggio, non è detto che non possa avere una spiccata ironia che gli permette di farsi conoscere da chi condivide il suo ambiente (Matteo il ragazzo più amato della scuola).
A questo punto la riflessione che sorge spontanea è: se queste persone non avessero avuto un hand-in-cup, chissà dove sarebbero arrivate in sella al loro cavallo.